mercoledì 26 agosto 2020

Intervista con la storia: Sabrina Gallinari e Ludwig Wittgenstein

INTERVISTA CON LA STORIA 10


Il progetto è nato per sensibilizzare e raccontare il periodo di pandemia mondiale che stiamo vivendo.  Chiederemo aiuto a personaggi illustri del passato, a quelle donne e a quegli uomini che hanno fatto la storia.  Ascoltare la loro voce ci permetterà di riflettere e forse ci  aiuterà ad affrontare questo periodo con maggior consapevolezza e saggezza. Sarà la persona intervistata a scegliere il suo ‘mentore’ e a farci ascoltare la sua voce, dopo aver passato almeno una settimana insieme a lei/lui attraverso letture, visioni di video, ricerche. I mentori potranno avere pareri discordanti, addirittura opposti, non siamo qui per giudicarli ma per ascoltare la loro voce, per capire cosa ci direbbero se fossero qui, ora, con noi. Oggi abbiamo con noi Sabrina Gallinari e il suo mentore Ludwig Wittgenstein.




SABRINA GALLINARI 



Sabrina nasce nel 1970, in provincia di Piacenza, frequenta il liceo pedagogico e poi la facoltà di filosofia, convinta che quella dell’insegnante non sarebbe mai stata la sua professione. La curiosità che l’ha sempre contraddistinta l’ha però portata ad accettare, anni fa, un incarico temporaneo in una scuola privata che le ha fatto cambiare idea. Oggi è docente di storia e filosofia presso il liceo “A. Volta” in Val Tidone. Il suo spirito di avventura l’ha portata, negli anni, ad impegnarsi socialmente e politicamente ed è stata anche sindaco. Con un coautore ha pubblicato due testi intitolati “Chiacchiere filosofiche”, nei quali filosofi del passato (come Locke, Hobbes, Hume, Cartesio, Spinoza, Tommaso d’Aquino, per citarne alcuni) discutono di temi gnoseologici, etici e politici prendendo spunto da fatti di attualità. Un terzo volume è in preparazione.






LUDWIG WITTGENSTEIN

 


Ludwig Wittgenstein è stato uno dei pensatori più influenti del XX secolo, autore di contributi fondamentali per la logica e la filosofia del linguaggio. Nasce a Vienna nel 1889, stesso anno di un altro grande filosofo del Novecento, Martin Heidegger, (nonché a pochi giorni di distanza da Adolf Hitler). Il padre, ricco magnate dell’industria siderurgica, aveva previsto per lui e per i fratelli un percorso di studi privato, ma a quattordici anni Ludwig viene iscritto alle scuole pubbliche ed inizia uno percorso ad indirizzo tecnico, si iscrive poi alla facoltà di ingegneria ma non la conclude. Grazie ai suggerimenti e agli appoggi di alcuni amici, si trasferisce a Cambridge dove può coltivare il suo profondo interesse per la matematica con l’aiuto del filosofo e matematico Bertrand Russell. La sua inquietudine lo porta ad abbandonare l’Inghilterra per alcuni anni e a trasferirsi in Norvegia fino allo scoppio della prima guerra mondiale, quando si arruola volontario nell’esercito asburgico. Catturato, durante i mesi di prigionia termina il Tractatus logico-philosophicus. Dopo l’esperienza bellica, si dedica per qualche tempo all’insegnamento elementare e all’attività di giardiniere, fino a quando, sempre per l’insistenza di amici, nel 1936 accetta la cattedra di filosofia a Cambridge, dove insegnerà per dieci anni. Dopo un soggiorno in Irlanda, durante il quale continua i lavori per l’altra sua grande opera, le Ricerche filosofiche,  torna in Inghilterra e scopre di avere un tumore di cui muore nel 1951. Un istante prima di perdere conoscenza, sussurrò ai presenti: "Dite a tutti che ho avuto una vita meravigliosa”.



Se Ludwig Wittgenstein oggi fosse qui:



Metterebbe la mascherina? Se sì, la metterebbe per proteggere se stesso o gli altri?

  • Credo che la miglior forma di protezione per tutti sia quell’allontanamento che anch’io ho sperimentato in alcune occasioni della mia vita, quando mi sono rifugiato nei paesi nordici per dedicarmi interamente alle mie ricerche filosofiche. Ciò nonostante, se fosse indispensabile, non avrei problemi ad indossarla.


Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
  • Non credo che la libertà si possa ridurre alla possibilità di muoversi senza essere controllati. Quando nel 1938 Hitler, mio vecchio compagno di scuola, ha invaso l’Austria, pur non essendo in patria mi sono trovato assoggettato alle Leggi di Norimberga poiché tre dei miei nonni erano nati ebrei. In quel momento ho veramente capito cosa poteva significare perdere la libertà e quali minacce si addensassero sulla mia famiglia; a dispetto della denominazione (Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco), in quei provvedimenti non c’era nulla di veramente “protettivo”, ma solo le premesse per il futuro olocausto. L’app Immuni, della quale comunque conosco poco, vuole essere uno strumento per arginare rapidamente la diffusione del contagio da Covid-19, per rendere più agevole il contact tracing, non mi sembra quindi un grosso limite alla libertà personale. Se pensiamo poi con quanta poca consapevolezza accettiamo cookie ogniqualvolta che ci connettiamo alla rete, Immuni mi sembra l’ultimo dei problemi. Come già detto, tuttavia, credo che il distanziamento sociale rappresenti la tutela più efficace, ma, si sa, io sono un tipo originale… arrivo addirittura a brandire attizzatoi contro colleghi durante conferenze pubbliche.


Si sarebbe sentito disorientato in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?

  • Una pandemia che colpisce così duramente non può non sollevare domande sul senso e, di conseguenza, su ciò che ha valore, su ciò che è giusto, su come è bene agire.  Questi temi, tuttavia, restano enigmi e per essi non c’è forma linguistica sensata perché non si occupano di fatti, non descrivono avvenimenti, devono quindi restare confinati nell’interiorità.  Se l’etica non è dicibile, non significa però che essa non sia vivibile; quando il senso è stato intuito, quando abbiamo sentito cosa è giusto, possiamo agire e cercare di praticare l’etica di cui non si può parlare. Allo scoppio della prima guerra mondiale ho dato prova di questa mia convinzione ed ho deciso di arruolarmi per combattere con il mio paese, l’Austria, perché ho sentito che quello era il mio dovere (tra l’altro, sono stato catturato dagli avversari ed ho anche trascorso un periodo di prigionia in Italia durante la quale ho completato il mio Tractatus). Allo stesso modo, adesso, se ne avessi la possibilità, mi impegnerei in attività di volontariato per dare una mano negli ambiti in cui ce ne fosse bisogno. Credo che questo agire solidaristico, che è poi il messaggio contenuto nella Ginestra del vostro Leopardi, possa rispondere meglio della scienza alle inquietudini esistenziali. Non nego il valore pragmatico della scienza (la cura per il Covid arriverà dalla ricerca scientifica), ma essa lascia i problemi esistenziali irrisolti anche quando tenta di dominare la realtà con i suoi schemi. Io che sono un filosofo, a differenza di alcuni colleghi, non nego affatto valore a ciò che non è scienza (al massimo, dico in base a quali condizioni un discorso è scientifico), al contrario ritengo che anche una volta che avremo risposto a tutte le domande scientifiche, i nostri problemi vitali non saranno neppure stati toccati.


Cosa definirebbe scuola? Accetterebbe la didattica a distanza?

  • Certo che la accetterei! E non perché, come mi si accusa, non sono empatico (anche se talvolta prendo volentieri le distanze, come avete capito), ma perché sono favorevole alle innovazioni in ambito didattico e credo che le tecnologie possano favorire diversi tipi di apprendimento soprattutto se accompagnate da un attento uso del linguaggio che può combattere l’incantamento, l’irrigidimento del nostro intelletto.


E tu Sabrina, cosa pensi di quello che sta succedendo? Quale pensiero ci regali oggi?

  • In tutto questo chiasso, fatto di chiacchiere e superficialità, di strumentalizzazioni e mancanza di buonsenso, credo che l’atteggiamento più corretto sarebbe il silenzio. Provo quasi un senso di nausea quando leggo e ascolto i commenti sulla situazione che stiamo vivendo da ormai sei mesi, perché questi commenti sono davvero lo specchio di quello che stiamo diventando. Incapaci di ammettere i nostri limiti, desiderosi di ritagliarci un attimo di notorietà, aggressivi e presuntuosi. Vorrei sentire poche voci, di chi ha osservato a lungo, raccolto dati e ragionato sugli stessi, e vorrei che ogni discorso sul virus iniziasse con una premessa che segnala che quel che si sta per dire non è la verità, ma solo il livello di conoscenza raggiunto fino a questo momento, pertanto, anche i provvedimenti adottati sono adeguati a quanto si sa fino ad ora. Mi piacerebbe una solidarietà costante tra le persone, fatta innanzitutto di quel rispetto che si mostra seguendo le elementari misure di protezione, che non saranno perfette, ma sono le sole che abbiamo adesso.