sabato 17 ottobre 2020
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venerdì 4 settembre 2020
Le interviste con la storia sono diventate un libro
Lo trovate in formato e-book e in cartaceo su Amazon. Tutte le royalties saranno destinate in beneficenza.
mercoledì 26 agosto 2020
Intervista con la storia: Sabrina Gallinari e Ludwig Wittgenstein
INTERVISTA CON LA STORIA 10
Il progetto è nato per sensibilizzare e raccontare il periodo di pandemia mondiale che stiamo vivendo. Chiederemo aiuto a personaggi illustri del passato, a quelle donne e a quegli uomini che hanno fatto la storia. Ascoltare la loro voce ci permetterà di riflettere e forse ci aiuterà ad affrontare questo periodo con maggior consapevolezza e saggezza. Sarà la persona intervistata a scegliere il suo ‘mentore’ e a farci ascoltare la sua voce, dopo aver passato almeno una settimana insieme a lei/lui attraverso letture, visioni di video, ricerche. I mentori potranno avere pareri discordanti, addirittura opposti, non siamo qui per giudicarli ma per ascoltare la loro voce, per capire cosa ci direbbero se fossero qui, ora, con noi. Oggi abbiamo con noi Sabrina Gallinari e il suo mentore Ludwig Wittgenstein.
SABRINA GALLINARI
Sabrina nasce nel 1970, in provincia di Piacenza, frequenta il liceo pedagogico e poi la facoltà di filosofia, convinta che quella dell’insegnante non sarebbe mai stata la sua professione. La curiosità che l’ha sempre contraddistinta l’ha però portata ad accettare, anni fa, un incarico temporaneo in una scuola privata che le ha fatto cambiare idea. Oggi è docente di storia e filosofia presso il liceo “A. Volta” in Val Tidone. Il suo spirito di avventura l’ha portata, negli anni, ad impegnarsi socialmente e politicamente ed è stata anche sindaco. Con un coautore ha pubblicato due testi intitolati “Chiacchiere filosofiche”, nei quali filosofi del passato (come Locke, Hobbes, Hume, Cartesio, Spinoza, Tommaso d’Aquino, per citarne alcuni) discutono di temi gnoseologici, etici e politici prendendo spunto da fatti di attualità. Un terzo volume è in preparazione.
LUDWIG WITTGENSTEIN
Ludwig Wittgenstein è stato uno dei pensatori più influenti del XX secolo, autore di contributi fondamentali per la logica e la filosofia del linguaggio. Nasce a Vienna nel 1889, stesso anno di un altro grande filosofo del Novecento, Martin Heidegger, (nonché a pochi giorni di distanza da Adolf Hitler). Il padre, ricco magnate dell’industria siderurgica, aveva previsto per lui e per i fratelli un percorso di studi privato, ma a quattordici anni Ludwig viene iscritto alle scuole pubbliche ed inizia uno percorso ad indirizzo tecnico, si iscrive poi alla facoltà di ingegneria ma non la conclude. Grazie ai suggerimenti e agli appoggi di alcuni amici, si trasferisce a Cambridge dove può coltivare il suo profondo interesse per la matematica con l’aiuto del filosofo e matematico Bertrand Russell. La sua inquietudine lo porta ad abbandonare l’Inghilterra per alcuni anni e a trasferirsi in Norvegia fino allo scoppio della prima guerra mondiale, quando si arruola volontario nell’esercito asburgico. Catturato, durante i mesi di prigionia termina il Tractatus logico-philosophicus. Dopo l’esperienza bellica, si dedica per qualche tempo all’insegnamento elementare e all’attività di giardiniere, fino a quando, sempre per l’insistenza di amici, nel 1936 accetta la cattedra di filosofia a Cambridge, dove insegnerà per dieci anni. Dopo un soggiorno in Irlanda, durante il quale continua i lavori per l’altra sua grande opera, le Ricerche filosofiche, torna in Inghilterra e scopre di avere un tumore di cui muore nel 1951. Un istante prima di perdere conoscenza, sussurrò ai presenti: "Dite a tutti che ho avuto una vita meravigliosa”.
Se Ludwig Wittgenstein oggi fosse qui:
Metterebbe la mascherina? Se sì, la metterebbe per proteggere se stesso o gli altri?
- Credo che la miglior forma di protezione per tutti sia quell’allontanamento che anch’io ho sperimentato in alcune occasioni della mia vita, quando mi sono rifugiato nei paesi nordici per dedicarmi interamente alle mie ricerche filosofiche. Ciò nonostante, se fosse indispensabile, non avrei problemi ad indossarla.
Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
- Non credo che la libertà si possa ridurre alla possibilità di muoversi senza essere controllati. Quando nel 1938 Hitler, mio vecchio compagno di scuola, ha invaso l’Austria, pur non essendo in patria mi sono trovato assoggettato alle Leggi di Norimberga poiché tre dei miei nonni erano nati ebrei. In quel momento ho veramente capito cosa poteva significare perdere la libertà e quali minacce si addensassero sulla mia famiglia; a dispetto della denominazione (Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco), in quei provvedimenti non c’era nulla di veramente “protettivo”, ma solo le premesse per il futuro olocausto. L’app Immuni, della quale comunque conosco poco, vuole essere uno strumento per arginare rapidamente la diffusione del contagio da Covid-19, per rendere più agevole il contact tracing, non mi sembra quindi un grosso limite alla libertà personale. Se pensiamo poi con quanta poca consapevolezza accettiamo cookie ogniqualvolta che ci connettiamo alla rete, Immuni mi sembra l’ultimo dei problemi. Come già detto, tuttavia, credo che il distanziamento sociale rappresenti la tutela più efficace, ma, si sa, io sono un tipo originale… arrivo addirittura a brandire attizzatoi contro colleghi durante conferenze pubbliche.
Si sarebbe sentito disorientato in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?
- Una pandemia che colpisce così duramente non può non sollevare domande sul senso e, di conseguenza, su ciò che ha valore, su ciò che è giusto, su come è bene agire. Questi temi, tuttavia, restano enigmi e per essi non c’è forma linguistica sensata perché non si occupano di fatti, non descrivono avvenimenti, devono quindi restare confinati nell’interiorità. Se l’etica non è dicibile, non significa però che essa non sia vivibile; quando il senso è stato intuito, quando abbiamo sentito cosa è giusto, possiamo agire e cercare di praticare l’etica di cui non si può parlare. Allo scoppio della prima guerra mondiale ho dato prova di questa mia convinzione ed ho deciso di arruolarmi per combattere con il mio paese, l’Austria, perché ho sentito che quello era il mio dovere (tra l’altro, sono stato catturato dagli avversari ed ho anche trascorso un periodo di prigionia in Italia durante la quale ho completato il mio Tractatus). Allo stesso modo, adesso, se ne avessi la possibilità, mi impegnerei in attività di volontariato per dare una mano negli ambiti in cui ce ne fosse bisogno. Credo che questo agire solidaristico, che è poi il messaggio contenuto nella Ginestra del vostro Leopardi, possa rispondere meglio della scienza alle inquietudini esistenziali. Non nego il valore pragmatico della scienza (la cura per il Covid arriverà dalla ricerca scientifica), ma essa lascia i problemi esistenziali irrisolti anche quando tenta di dominare la realtà con i suoi schemi. Io che sono un filosofo, a differenza di alcuni colleghi, non nego affatto valore a ciò che non è scienza (al massimo, dico in base a quali condizioni un discorso è scientifico), al contrario ritengo che anche una volta che avremo risposto a tutte le domande scientifiche, i nostri problemi vitali non saranno neppure stati toccati.
- Certo che la accetterei! E non perché, come mi si accusa, non sono empatico (anche se talvolta prendo volentieri le distanze, come avete capito), ma perché sono favorevole alle innovazioni in ambito didattico e credo che le tecnologie possano favorire diversi tipi di apprendimento soprattutto se accompagnate da un attento uso del linguaggio che può combattere l’incantamento, l’irrigidimento del nostro intelletto.
- In tutto questo chiasso, fatto di chiacchiere e superficialità, di strumentalizzazioni e mancanza di buonsenso, credo che l’atteggiamento più corretto sarebbe il silenzio. Provo quasi un senso di nausea quando leggo e ascolto i commenti sulla situazione che stiamo vivendo da ormai sei mesi, perché questi commenti sono davvero lo specchio di quello che stiamo diventando. Incapaci di ammettere i nostri limiti, desiderosi di ritagliarci un attimo di notorietà, aggressivi e presuntuosi. Vorrei sentire poche voci, di chi ha osservato a lungo, raccolto dati e ragionato sugli stessi, e vorrei che ogni discorso sul virus iniziasse con una premessa che segnala che quel che si sta per dire non è la verità, ma solo il livello di conoscenza raggiunto fino a questo momento, pertanto, anche i provvedimenti adottati sono adeguati a quanto si sa fino ad ora. Mi piacerebbe una solidarietà costante tra le persone, fatta innanzitutto di quel rispetto che si mostra seguendo le elementari misure di protezione, che non saranno perfette, ma sono le sole che abbiamo adesso.
venerdì 31 luglio 2020
Intervista con la storia: Sara Orelli e Sir Isaac Newton
INTERVISTA CON LA STORIA 9
Il progetto è nato per sensibilizzare e raccontare il periodo di pandemia mondiale che stiamo vivendo. Chiederemo aiuto a personaggi illustri del passato, a quelle donne e a quegli uomini che hanno fatto la storia. Ascoltare la loro voce ci permetterà di riflettere e forse ci aiuterà ad affrontare questo periodo con maggior consapevolezza e saggezza. Sarà la persona intervistata a scegliere il suo ‘mentore’ e a farci ascoltare la sua voce, dopo aver passato almeno una settimana insieme a lei/lui attraverso letture, visioni di video, ricerche. I mentori potranno avere pareri discordanti, addirittura opposti, non siamo qui per giudicarli ma per ascoltare la loro voce, per capire cosa ci direbbero se fossero qui, ora, con noi. Oggi abbiamo con noi Sara Orelli e il suo mentore Sir Isaac Newton.
SARA ORELLI
SIR ISAAC NEWTON
Se Sir Isaac Newton oggi fosse qui:
- Metterebbe la mascherina? Se sì, la metterebbe per proteggere sé stesso o gli altri?
No, la mascherina non la metterei, devono metterla gli altri, per tutelarmi! Il distanziamento sociale l’ho mantenuto già nel 1666 quando a Londra scoppiò l’epidemia della peste e io mi ritirai nella mia casa in campagna a Woolsthorpe. Per me, quella, fu un’occasione per riflettere, formulare nuove ipotesi, verificarle con numerosi esperimenti ed elaborare nuove teorie. Il mio auto isolamento divenne una risorsa per l’umanità, feci importantissime scoperte scientifiche. Avete mai sentito parlare della teoria gravitazionale, quella su cui si basa la fisica classica?
- Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
Non ci penso proprio! Prima di tutto non l’ho fatta io, quindi ho dei seri dubbi sulla sua validità. La mia libertà di pensiero e di spostamento sono indiscutibili, non possono essere barattate con nulla.
- Si sarebbe sentito disorientato in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?
No, non mi sentirei disorientato. Prenderei atto di una realtà differente e la vedrei come una opportunità di miglioramento personale e sociale. La mia storia ha dimostrato che il 1666 (l’anno della bestia), quello che era atteso come l’annus horribilis divenne l’annus mirabilis, l’anno delle meraviglie… grazie a me!
- Cosa definirebbe scuola? Accetterebbe la didattica a distanza?
Non sono a favore della didattica a distanza, se avessi dovuto farla mi sarei rifiutato perché la considero tempo sprecato in quanto la scienza necessita di sperimentazione inoltre non è possibile ‘insegnare’ senza instaurare una relazione personale. Invece di perdere energie con queste cose, fate come me! Durante il periodo di chiusura dell’Università di Londra ho elaborato una teoria che ha cambiato la storia della fisica. Il tempo dedicato all’osservazione e alla riflessione è prezioso ed indispensabile per il metodo scientifico, altro che didattica a distanza! Lo ripeto: la scienza si basa sulla sperimentazione altrimenti non è scienza.
- E tu Sara, cosa pensi di quello che sta succedendo? Quale pensiero ci regali oggi?
Il periodo di lockdown ha evidenziato, ancora una volta, che abbiamo una scarsa cultura scientifica. Pretendiamo da medici e ricercatori risposte certe ed immediate ma non ci ricordiamo che la medicina è una scienza statistica, ne consegue che la sperimentazione deve essere fatta su grandi numeri e quindi necessita di tempo. Anche un certo tipo di divulgazione televisiva ci ha fuorviato, facendoci dimenticare che il dibattito tra ricercatori caratterizza da sempre la comunità scientifica. Partire da punti di vista differenti è la normale prassi di fronte a situazioni nuove come quella che stiamo vivendo, in cui non ci sono certezze, ma questo non deve essere vissuto come un limite ma come una possibilità. La scienza propone modelli di interpretazione della realtà, modificabili negli anni, non è dogmatica. Per quanto riguarda, invece, la mia esperienza di insegnante, negli ultimi mesi dello scorso anno scolastico mi sono trovata costretta a fare didattica a distanza. La considero una misura di emergenza ma non deve diventare in alcun modo una prassi di insegnamento. Il digitale è accettabile come mezzo ma mai come fine, non dimentichiamocelo.
lunedì 20 luglio 2020
Intervista con la storia: Simona Abbafati e Oriana Fallaci
Simona nasce a Velletri, nel cuore dei Castelli Romani nel 1986. I suoi forti legami familiari rappresentano, sin dall'infanzia, il terreno fertile di uno sviluppo emotivo caratterizzato da genuinità e sensibilità. Si laurea dapprima in Scienze politiche e successivamente in Analisi economica, conservando sempre un'ottica eclettica ed uno slancio verso il mondo che vorrebbe trasformare in qualche modo. Alla grande città preferisce la tranquillità del piccolo paese e così, dopo aver vissuto a Roma durante il periodo universitario, decide di tornare nella sua Lariano, immersa nella natura. È insegnante di Economia aziendale, un lavoro che ha scelto e le consente di sprigionare le sue innate capacità empatiche e la sua inclinazione verso gli altri. Quando non è con i ragazzi si dedica alle sue grandi passioni: l'arte, il cinema, la poesia, la lettura, la scrittura, lo studio. Ama gli animali, fare escursioni in montagna, passeggiate in vicinanza del mare e viaggiare andando sempre alla ricerca di posti, volti, situazioni e atmosfere nuove e particolari. Ciò che non la abbandona mai durante il suo percorso è la voglia di migliorarsi e di affermare la sua identità. Ci siamo conosciute dopo che lei ha letto ‘Un anno e un giorno’ e mi ha scritto una e-mail commovente.
Se Oriana Fallaci oggi fosse qui:
- Metterebbe la mascherina?
- Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Starebbe a distanza dai propri simili? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
- Si sarebbe sentita disorientata in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?
- Cosa definirebbe scuola? Accetterebbe la didattica a distanza?
- E tu Simona, cosa pensi di quello che sta succedendo? Quale pensiero ci regali oggi?
mercoledì 15 luglio 2020
Intervista con la storia: Xena Zupanic e Carmelo Bene
INTERVISTA CON LA STORIA 7
Se Carmelo Bene oggi fosse qui:
- Metterebbe la mascherina? Se sì, la metterebbe per proteggere sé stesso o per proteggere gli altri?
- Ci risiamo! “Le mascherine”, “la protezione”, “gli altri”! Senza mai annusare, toccare veramente l’Altro! Proteggersi da chi, da che cosa, da sé stessi o da questo nuovo dio-virus incolore, bramoso di ni-ente, senza odore, senza una legittimazione metafisica? Questa è una brutta mascherata, con i sapienti illuminati che favellano in maschera con il venditore supremo delle mascherine, il contabile insonne con la faccia di Elon Musk (the countdown’s dealer behind the metaphysical desk). Un dio eccelso, un finocchione stratificato, un imbroglione etilico vestito di rosa, un dio d-day, con le scadenze settimanali. In poche parole: do ut des, pro domo sua et in medias res. Che Dio mi scampi!
- Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Starebbe a distanza dai propri simili? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
- Well, these Orwellian questions from 80’s are by now outmoded. Nel baratro farei un umile baratto tra questi concetti altissimi, oramai cenciosi, spolpati dalla loro soma reale, i concetti che vanno a nozze con i somari contemporanei. Di nuovo casca l’asino, il santo non vola, le App appollaiate le hanno sostituite con una sinusoide, irreale, quasi trascendentale. La libertà, proprio lei, la nobile dama, la baratterei per una app, impennata come un albero cosmico, verso la volta celeste. Lo scavalcherei, senza voltarmi, mentre i cortigiani della libertà, oh, incessantemente vanno implorando: scendi, scendi, la libertà è di tutti. Poveri scorregioni, il Dioniso priapico, non necessita di liberare il vostro altare vuoto.
- Si sarebbe sentito disorientato in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?
- Piuttosto mi sentirei “Bis-orientato”, due volte di più centrato. La speranza la lascerei ai cristiani ed il futuro ai futuristi, perlopiù ai capitalisti convinti, ai capitalisti d’un immortale F.T.M (Fiat Torino Macina). Cosa direbbe? Ebbe! Cosa farebbe? Ebbe! Ebbe, ebbe, bis-orientato, scisso in me, come il dio Giano, come l’“Epitaffio per Francois” di Paul Celan: “L’una e l’altra porta / del mondo, aperte: / aperta l’una e l’altra / da te, nella notte bifronte / Le udiamo sbattere e sbattere, / noi portiamo l’indefinito, / portiamo quel Verde nel tuo Eterno”.
- Cosa definirebbe scuola? Accetterebbe la didattica a distanza? E lo smart-working?
- La scuola e lo smart working: il taylorismo digitale. Gli scolari e gli impiegati bue che servono il principio “One Best Way” (l’unico miglior metodo possibile). Sono dei pappagalli ordinari che sognano i mondi esotici, sono dei soggetti mai visitati, i ragionieri del Kronos malleabile. Mai come adesso la scuola ha bisogno di un sottosuolo, di una discesa nell’Ade. Per pochi capiterà Kairos (l’occasione della loro vita), in tanti, ahimè, cos’è Aion non lo sapranno mai. La discesa nell’Ade, palmo per palmo, dito per dito. Un palmare digitale? Un palmare digitale difettoso. Volano gli asini (digitali), senza i santi e il sud del sud trasuda le gocce sanguinanti virtuali, a scuola addomesticate. Inutile è venire, inutile è dire: “son venuto perché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono non vedano più”.
- E tu Xena, cosa pensi di quello che sta succedendo? Quale pensiero ci regali oggi?
- Mi chiedo come possiamo portare una pura, distillata e invisibile insidia, questo metafisico convitato di pietra, dalla condizione gassosa, incolore e senza odore in una visibile, solidificata icona, che ci guarda severamente lungo il perimetro dei nostri spostamenti. Questa è la sfida, il nostro compito invano: trovare il polso dell’invisibile, tramutando il suo suono in una immagine.
lunedì 6 luglio 2020
Intervista con la storia: Tiziano Thomas Dossena e Emilio Giuseppe Dossena
Se Emilio Giuseppe Dossena oggi fosse qui:
- Metterebbe la mascherina? Se sì, la metterebbe per proteggere sé stesso o per proteggere gli altri?
- Non ci sono dubbi che la mascherina sarebbe stata parte essenziale della mia nuova vita. Ho sempre tenuto conto delle necessità altrui prima di compiere qualsiasi azione. Proteggere gli altri è essenziale nella nostra vita, nella nostra società; non siamo esseri isolati e indipendenti e proprio per questo sentiamo un impulso di protezione verso gli altri, a volte anche a costo della nostra vita. In fondo, la mascherina non è un grande sacrificio…
- Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Starebbe a distanza dai propri simili? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
- Sono vissuto in tempi nei quali il computer era agli albori e il telefonino era un telefono ‘gigantesco'. Non so se avrei la pazienza di giocare con le app. Il controllo degli individui è una necessità dettata dalla situazione e io non posso negare l’efficacia dei risultati dell’utilizzo di Immuni ma, in gioventù, ho sempre combattuto contro qualsiasi forma di limitazione della libertà personale. Sono un artista, per me la libertà è la cosa più importante. Vorrei però specificare che c’è un po’ di confusione a proposito della percezione di ciò che è la libertà. Essere liberi non vuol dire far sempre ciò che si vuole. Ci sono sempre state delle restrizioni nella vita: a volte poste dalla natura, a volte dal sistema governativo locale. Servono per proteggerci da situazioni che possono farci del male. Non è niente di nuovo e lamentarci perché non possiamo andare di qui o di là non aiuta nessuno. Certo la situazione può diventare pesante, ma dobbiamo tenere sempre conto del bene comune.
- Si sarebbe sentito disorientato in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?
- Siamo tutti disorientati da questo virus che ha causato tanti morti, tanti problemi e degli immensi danni economici. Come potrei non essere disorientato se mi obbligassero a non vedere i miei figli e i miei nipoti? Oppure senza poter andare a dipingere un quadro in campagna? A tutto c’è una soluzione, però. Posso sempre dipingere una natura morta oppure scrivere una poesia…E poi adesso, con la tecnologia che abbiamo, ci si può vedere grazie ai telefonini e ai computer… Tutte queste paure mi ricordano i tempi della Spagnola, quando persi il mio fratellino, che morì proprio davanti a me… Anche allora furono tempi difficili per tutti. Orribili, direi. Il futuro non è altro che un presente differente, in continua evoluzione. Spero si riesca a trovare un vaccino e che la vita torni ad un ritmo normale. Niente di più. Mi auguro inoltre che tutti questi problemi non vengano politicizzati perché non si può far politica sulla vita delle persone. La politica non è filosofia, anche se si può basare su di essa, ma è azione legata a degli ideali comuni.
- Cosa definirebbe scuola? Accetterebbe la didattica a distanza?
- Io sono un uomo semplice e definisco scuola il luogo nel quale posso apprendere ciò che è necessario per poter far parte, in modo costruttivo, della società. La didattica a distanza è molto interessante ma non è niente di nuovo anche se cercano di farla apparire così. In Australia, dove la popolazione è distribuita su ampie zone, usano da molti anni questo tipo di approccio: hanno iniziato con le radiotrasmittenti e poi con i computer, ottenendo ottimi risultati. Ci sono dei vantaggi: lo studente può rivedere la lezione più volte e così capirla meglio, ma anche degli svantaggi: il principale è la mancanza di contatto sociale sia con gli altri studenti sia con l’insegnante, è questo è un grosso limite da superare. C’è poi da considerare l’ambiente famigliare che non è uguale per tutti, quindi, a volte, questo approccio non è molto valido, bisogna ben valutare le situazioni. Lo smart-working funziona molto bene, chiedetelo pure a mio figlio che lo usa costantemente…
- Vorrei poter filosofare a proposito della realtà che stiamo vivendo ma qui, negli Stati Uniti, stiamo soffrendo della insostenibile situazione politica che, sfortunatamente, lascia una grande impronta sulla sanità pubblica e sulla salute in generale. Con un presidente che ancor oggi si vanta di non usare la mascherina, organizza manifestazioni durante le quali le norme di sicurezza e di distanza non sono rispettate, si fa fatica a pensare che il prossimo futuro porti buone notizie. Io mi sono ammalato di Covid 19 a marzo. Sono stato fortunato più di altri e ne posso parlare ma la mia famiglia ha passato un periodo non proprio bello a causa di questo virus. Mi duole pensare che la gente sia così ignorante da credere che siccome c’è il sole il virus non c’è più e tutto ritorna come prima automaticamente. Vorrei avere più fiducia negli esseri umani ma sono deluso dall’atteggiamento di molti anche se, qui a New York, la gente si comporta abbastanza bene in riferimento alla mascherina e a tutto il resto. I disordini sociali legati alla violenza contro le minoranze hanno aggiunto altra confusione e, nonostante siano più che motivati, non sono veramente mirati ad un cambiamento sociale, ma portano a dividere ancor più la popolazione. Distruggere la statua di un generale confederato può anche essere simbolico, ma distruggere la statua di Cristoforo Colombo è solo una sfida alla comunità italo-amaericana che è sempre stata a fianco delle minoranze. Le azioni che dovrebbero portare a dei cambiamenti positivi irritano e inimicano altri gruppi etnici e non ottengono nulla di fatto. Perché parlo di questo in relazione al Covid 19? Perché l’isolamento, la quarantena, la perdita del lavoro, a volte la perdita dei propri cari hanno lasciato una profonda ferita nella psiche delle minoranze e non, e i fatti di violenza che affiorano sono anche parte di questa tensione che, chiaramente, è nell’aria a lo sarà per molto. In un altro momento, la gente avrebbe reagito, sì, ma non in questo modo. Il virus ha anche questa responsabilità… sta portando ad una divisione sociale che non è né piacevole né costruttiva, specialmente con una classe politica che butta benzina sul fuoco…