domenica 28 giugno 2020

Intervista con la storia: Katia Cestaro e Paulo Freire

INTERVISTA CON LA STORIA 5

Il progetto è nato per sensibilizzare e raccontare il periodo di pandemia mondiale che stiamo vivendo.  Chiederemo aiuto a personaggi illustri del passato, a quelle donne e a quegli uomini che hanno fatto la storia.  Ascoltare la loro voce ci permetterà di riflettere e forse ci  aiuterà ad affrontare questo periodo con maggior consapevolezza e saggezza. Sarà la persona intervistata a scegliere il suo ‘mentore’ e a farci ascoltare la sua voce, dopo aver passato almeno una settimana insieme a lei/lui attraverso letture, visioni di video, ricerche. I mentori potranno avere pareri discordanti, addirittura opposti, non siamo qui per giudicarli ma per ascoltare la loro voce, per capire cosa ci direbbero se fossero qui, ora, con noi. Oggi abbiamo con noi Katia Cestaro e il suo mentore Paulo Freire.



KATIA CESTARO  


Katia Cestaro nasce ad Abbiategrasso, a metà degli anni ‘80. Ama viaggiare, ma non da “turista”: si avventura con lo zaino in spalla, lasciandosi immergere dalla natura e facendosi trasportare dai cinque sensi alla ricerca di usi e costumi di altri Paesi e culture. È dinamica e intraprendente, caratteristiche che, dopo anni di lavoro, l’hanno portata a rimettersi in gioco e ad approfondire i suoi studi in Scienze dell’Educazione riuscendo a fare della sua passione una professione. Abbiamo avuto il piacere reciproco di incontrarci al corso serale dell’istituto Kandinsky. Katia è l’esempio vivente che impegno, serietà e motivazione sono la chiave vincente per raggiungere qualsiasi risultato. Nel viaggio introspettivo intrapreso negli ultimi anni, ha incontrato la pedagogia di Paulo Freire che l’ha illuminata e ispirata nel suo lavoro di educatrice.



PAULO FREIRE 


Paulo Freire nasce nel 1921 in Brasile. Nel 1944 si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza e si sposa con Elza Maria Oliveira e sarà proprio grazie a lei che inizierà il suo impegno nell’ambito dell’educazione. Nel 1947 si ritrova a insegnare portoghese ai lavoratori del SESI (Servizio Educativo del Sistema Industriale), esperienza che lo porta a ricercare un metodo adatto all’alfabetizzazione degli adulti. Nel 1961 viene nominato direttore del dipartimento per l'espansione culturale dell'Università di Recife e l’anno seguente ha l’opportunità di applicare estesamente le sue teorie: trecento lavoratori di canna da zucchero imparano a leggere e a scrivere in un mese e mezzo. In risposta a questo esperimento, il governo brasiliano approva la creazione di migliaia di circoli culturali nel Paese. Nel 1964, in seguito a un colpo di Stato, Paulo viene arrestato con l’accusa di tradimento e l’imprigionato per settanta giorni. Dopo il suo rilascio inizia un lungo e difficile esilio che durerà fino al 1980 tra Bolivia, Cile, Stati Uniti e Svizzera. Al suo ritorno in Brasile, diventa professore ordinario a UNICAMP di São Paulo. Nel 1986 gli viene assegnato il premio Educazione dell’Unesco. Dopo aver fondato il Partito dei Lavoratori (PT), aver girato il mondo e avere ottenuto l’incarico di assessore della pubblica istruzione, crea un istituto che porta il suo nome per estendere le sue teorie all’educazione dei più deboli. La sua opera più famosa è “La pedagogia degli oppressi”.


Se Paulo Freire oggi fosse qui:



  1. Metterebbe la mascherina? Se sì, la metterebbe per proteggere sé stesso o per proteggere gli altri?
  • Certamente metterei la mascherina. È di fronte alla scelta che s’impone la responsabilità etica degli uomini e delle donne. Siamo esseri umani e, in quanto tali, incompleti e incompiuti. Ed è proprio l’incompiutezza a renderci etici. L’impegno a trasformare il mondo che ci circonda si può realizzare grazie ad azioni etiche. Il nostro futuro non è determinato, ma è qualcosa in divenire ed è una responsabilità dalla quale non possiamo sfuggire. Attraverso un processo di coscientizzazione, possiamo costruire un nuovo modo di entrare in relazione col mondo e con l’altro. Mettere la mascherina è un diritto e un dovere dell’essere umano che vive questo periodo storico come lo è esigere le condizioni per esercitare i propri diritti; per queste ragioni le mascherine dovrebbero essere accessibili a tutti senza discriminazione alcuna.


  1. Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Starebbe a distanza dai propri simili? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
  • Sì, scaricherei l’app Immuni. Sarebbe pericoloso demonizzare la tecnologia, altresì divinizzarla. Però non accetterei alcuna forma di controllo perché il controllo richiama alla dicotomia oppressi e oppressori che affligge il mondo e porta alla disumanizzazione, una realtà storica. L’essere umano, come essere etico, deve poter esercitare la libertà nell’assumere decisioni, riconoscendo anche la necessità del proprio limite. L’autonomia si fonda sulla responsabilità. Pensare in modo corretto deve far corrispondere azioni corrette: la coerenza è una virtù da praticare. Sì, manterrei anche le distanze: è necessario ricostruire la propria autonomia nel rispetto degli altri, ma senza mai rinunciare al dialogo, quel fenomeno umano indispensabile a generare l’incontro di uomini e donne nella lotta all’emancipazione. Spesso vediamo in contrasto libertà e autorità, ma sono principi che devono coesistere l’uno nel rispetto dell’altro con autenticità, senza confonderli con permissività e autoritarismo. 


  1. Si sarebbe sentito disorientato in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?
  • È importante esercitare ed educare il buon senso, alimentato dalla curiosità epistemologica è ciò che mi permette di affrontare e superare la situazione in cui siamo coinvolti. Dobbiamo vivere il presente e la storia stessa come un tempo di possibilità in cui non vi è nulla di determinato. L’essere umano non può giustificare gli avvenimenti che stanno accadendo con il fatalismo il quale porta ad un immobilismo negativo. L’essere umano è in divenire. Il mondo è in divenire e il domani è una sfida. La paura è legittima, è provando paura che possiamo imparare a superarla. Un ingrediente naturale è la speranza che alimenta la motivazione a lottare per “essere di più” e apre le porte al sogno affinché si realizzi. Ciò che spero è che questo tempo storico implichi una rottura da cui ricostruire il cammino etico verso l’umanizzazione. È fondamentale problematizzare il futuro, guardare ad esso in modo critico e, come l’educando in relazione con l’educatore, imparare grazie alla nostra stessa pratica. Cosa farei? Continuerei ad amare la vita, il mondo e gli altri.


  1. Cosa definirebbe scuola? Accetterebbe la didattica a distanza?
  • Scuola è laddove s’instaurano relazioni, si attua il dialogo, il confronto e l’apprendimento basato sullo scambio reciproco e rispettoso tra insegnante ed educando. L’insegnante è un formatore che crea le possibilità per un apprendimento autentico, suscitando quella curiosità che da ingenua può diventare epistemologica, in una ricerca partecipata. Non vi sono discriminazioni di nessun tipo a scuola, poiché l’insegnante è colui che valorizza l’esperienza degli educandi e mette in atto il pensiero corretto con umiltà e rigore etico. L’educando non è un contenitore in cui trasferire conoscenza, bensì un essere sociale e storico, una presenza nel mondo. Sono stato assessore della pubblica istruzione del comune di São Paulo e durante il mio mandato ho fornito ad ognuna delle scuole comunali il computer. Tuttavia, la costruzione dell’identità degli educandi non si può realizzare nell’isolamento. Cambiare è difficile, ma non impossibile ed è attraverso l’impegno di tutti noi che possiamo trasformare la scuola con creatività. Ciò che non deve cambiare è la relazione dialogica, elemento essenziale della relazione, dell’amore e della libertà.


5. E tu Katia, cosa pensi di quello che sta succedendo? Quale pensiero ci regali oggi?
  • Penso che questa situazione ci abbia messo alla prova come esseri individuali e parte di una collettività. Questa sfida non è ancora giunta al termine, ma stiamo provando a mettere in atto una pseudo-normalità di cui tutti abbiamo bisogno. Come direbbe il mio adorato mentore Freire: l’essere umano non è nato per vivere in isolamento ed è per questo che dobbiamo lottare per la nostra libertà! Ciò implica nuove prassi, modalità, metodologie nel rispetto delle regole, ma ce la faremo. Ecco, se pensiamo a tutti gli ostacoli che l’essere umano ha superato nel corso della storia non possiamo che essere fiduciosi nel futuro che verrà.

lunedì 22 giugno 2020

Intervista con la storia: Cesar Macias e Socrate

INTERVISTA CON LA STORIA 4


Il progetto è nato per sensibilizzare e raccontare il periodo di pandemia mondiale che stiamo vivendo.  Chiederemo aiuto a personaggi illustri del passato, a quelle donne e a quegli uomini che hanno fatto la storia.  Ascoltare la loro voce ci permetterà di riflettere e forse ci  aiuterà ad affrontare questo periodo con maggior consapevolezza e saggezza. Sarà la persona intervistata a scegliere il suo ‘mentore’ e a farci ascoltare la sua voce, dopo aver passato almeno una settimana insieme a lei/lui attraverso letture, visioni di video, ricerche. I mentori potranno avere pareri discordanti, addirittura opposti, non siamo qui per giudicarli ma per ascoltare la loro voce, per capire cosa ci direbbero se fossero qui, ora, con noi. Oggi abbiamo con noi Cesar Macias e il suo mentore Socrate.



CESAR MACIAS 

Cesar Macias è nato in Ecuador a metà degli anni ’90 e si è trasferito in Italia nel 2002. Da buon sagittario è dotato di grande spirito d’avventura che lo ha portato a girare l'Europa e a imparare quattro lingue: italiano, spagnolo, inglese e portoghese.  Ha vissuto a Lisbona, città che ha conquistato il suo cuore e in cui, coronavirus permettendo, tornerà senz'altro. Ha due lauree in ambito informatico e al momento lavora come software engineer. Ha avuto la ‘fortuna' di essere mio studente: il nostro percorso insieme è partito da un consiglio di classe straordinario ed è arrivato alla rosa regalata alla cena di fine maturità. Nonostante la formazione scientifica, ha una forte passione per le materie umanistiche, dalla letteratura alla filosofia. In particolare ama Socrate e dopo aver letto l’Apologia, scritta da Platone, quell’amore non si è più spento. Insieme a Denis Sota ha creato la pagina web www.ornelladallavalle.com per cui ancora lo ringrazio.



SOCRATE


Di Socrate conosciamo con certezza la data di morte, che avvenne nel 399 a.C. a seguito di una condanna per ‘empietà’: fu accusato di non credere negli dei della città e di corrompere i giovani con le sue dottrine (in realtà dietro tale accusa si nascondevano dei risentimenti di vario genere e delle manovre politiche, come Platone ben ci dice nell’Apologia) Il padre, Sofronisco, era uno sculture e la madre, Fenarete, una levatrice. Si sposò due volte, prima con Mirto e poi con Santippe, da cui ebbe tre figli. Non si mosse mai da Atene se non perché chiamato a partecipare a imprese militari (combatté a Potidea, ad Anfipoli e a Delio). Non era bello ma affascinante e aveva un fisico fortissimo, capace di sopportare enormi fatiche. Fu discepolo di Archelao e inizialmente aderì alle dottrine dei Fisici, solo successivamente e in tarda età ebbe una crisi di pensiero e divenne sofista. Socrate è conosciuto come il padre fondatore dell’etica (o filosofia morale), non ha lasciato alcuno scritto per sua scelta personale perché fece dell'oralità lo strumento essenziale del suo "fare filosofia”.



Se Socrate oggi fosse qui:


  1. Metterebbe la mascherina? Se sì, la metterebbe per proteggere sé stesso o per progettare gli altri?

    Certo, ma l’abbasserebbe dopo cinque secondi. Con la mascherina diventa difficile parlare ed il dialogo per Socrate è importante quanto la vita stessa. Quantomeno avrebbe tenuto le distanze di sicurezza, si può parlare anche ad un metro di distanza.
    Indubbiamente lo farebbe per proteggere gli altri, lui era uno che di assembramenti ne creava! Era una calamita per le folle e Zoom non sarebbe bastato a tenere i suoi allievi a distanza.
  1. Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Starebbe a distanza dai propri simili? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
  • Probabilmente sì, in fin dei conti Socrate non si è mai nascosto e sapere che i suoi spostamenti sono monitorati non lo infastidirebbe minimamente. Un’applicazione del genere, conoscendone lo scopo soprattutto, di certo non la vedrebbe come limitazione della sua libertà. Discorso diverso per il periodo di quarantena, quella la considererebbe una situazione inaccettabile. Se avesse dovuto rimanere chiuso in casa senza poter dialogare con la gente in giro, per lui non avrebbe avuto senso continuare a vivere. Non per altro morì proprio perché gli venne chiesto di smettere di praticare l’arte della filosofia e di “plagiare” i giovani. Lui, a questa opzione, preferì la morte. Diciamo che non avrebbe avuto problemi con la fase due, ma durante la fase uno lo avremmo visto tutti i giorni in giro a prendere multe che poi non avrebbe pagato. Avrebbe poi cercato, nelle aule di tribunali, di convincere la giuria che quelle multe non erano giuste.


  1. Si sarebbe sentito disorientato in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?
  • Il disorientamento non è una cosa che lo preoccupa, anzi lo stimola. Sicuramente in un momento storico come questo, si sarebbe posto mille quesiti sulla situazione attuale e sul come affrontarla, avrebbe gestito il disorientamento come ricerca della conoscenza. Probabilmente lo avremmo visto in piazza Duomo a discutere con una grande folla sul come comportarsi e sul come gestire al meglio questa situazione. Il futuro lo lascia in mano ai giovani che però cerca di educare il più possibile.


  1. Cosa definirebbe ‘scuola’. Accetterebbe la didattica a distanza?
  • Scuola per Socrate è sinonimo di dialogo. Grazie al dialogo si arriva alla conoscenza di sé stessi e quindi del mondo, non si è mai considerato un insegnante e non ha mai chiesto compensi, per Socrate la conoscenza arrivava come conseguenza del confronto. Ecco la didattica a distanza probabilmente non farebbe per lui, parlare via webcam non è come parlare dal vivo. Ciò lo avrebbe fermato? Sicuramente lo avremmo trovato a bussare alle porte dei suoi “congiunti”, d’altronde non c’è congiunzione più grande di quella mentale.


  1. E tu, Cesar, cosa pensi di quello che sta succedendo? Quale pensiero ci regali oggi?
  • Penso che ci troviamo in una situazione molto difficile che sta avendo ripercussioni su più livelli. Penso che ci sia bisogno di prendere coscienza di questo momento e un consiglio che mi sento di dare, citando Socrate, è “conosci te stesso”. Ci avviamo verso una fase tre che spero sia figlia di una fase uno, in cui abbiamo avuto modo di dedicarci di più a noi stessi, di prenderci una pausa dal ritmo frenetico con cui viviamo abitualmente, una fase in cui non potevamo che sperare nel futuro e dovevamo canalizzare tutte le energie negative in qualcosa di positivo, come la conoscenza di noi stessi e di conseguenza l’accettazione e l’amore per noi stessi. Stiamo vivendo ora una fase due in cui possiamo mettere in pratica ciò che abbiamo imparato, possiamo rivedere le persone a cui ci si siamo legati e riallacciare i rapporti persi, con le dovute precauzioni. Spero che questa terza fase sia la fase in cui ci rialzeremo e in cui dimostreremo a noi stessi e al mondo quanto siamo forti e quanto il COVID-19, sì ci ha ferito e colpito, ma non ci ha sconfitti bensì ci ha rafforzati.

lunedì 15 giugno 2020

Intervista con la storia: Elisabetta Polezzo e Didone

INTERVISTA CON LA STORIA 3

Il progetto è nato per sensibilizzare e raccontare il periodo di pandemia mondiale che stiamo vivendo.  Chiederemo aiuto a personaggi illustri del passato, a quelle donne e a quegli uomini che hanno fatto la storia.  Ascoltare la loro voce ci permetterà di riflettere e forse ci  aiuterà ad affrontare questo periodo con maggior consapevolezza e saggezza. Sarà la persona intervistata a scegliere il suo ‘mentore’ e a farci ascoltare la sua voce, dopo aver passato almeno una settimana insieme a lei/lui attraverso letture, visioni di video, ricerche. I mentori potranno avere pareri discordanti, addirittura opposti, non siamo qui per giudicarli ma per ascoltare la loro voce, per capire cosa ci direbbero se fossero qui, ora, con noi. Oggi abbiamo con noi Elisabetta Polezzo e la sua mentore Didone.




ELISABETTA POLEZZO


Elisabetta Polezzo ha fatto studi classici e si è laureata in grammatica latina. Ha insegnato per qualche tempo e poi si è trovata, quasi per caso, a lavorare all’Acquario di Milano. Conosce bene le biblioteche e attualmente si occupa di mostre d’arte, in particolare di mostre che hanno come comune denominatore l’acqua.  Grazie a questa passione ha scoperto in quante modalità artistiche diverse questo elemento si possa declinare. Ha tre figli, un marito “storico” e, da poco, un nipote. Per questo motivo non ha mai voluto animali domestici, le è sempre sembrato di aver già fatto la sua parte anche così.



DIDONE 


Didone è stata la fondatrice di Cartagine. Alla storia raccontata da Virgilio che la vede suicida per l’abbandono di Enea, se ne contrappone un altra, di origine asiatica. 
Elissa (questo pare fosse il suo vero nome) alla guida di alcuni suoi fedeli, sarebbe giunta  sulle coste dell’Africa del Nord dove avrebbe fondato Cartagine. Volendo rimanere fedele alla memoria del marito Sicheo, ucciso in patria dal fratello, si sarebbe buttata su una pira accesa per evitare il ricatto di un matrimonio impostole da un re locale.


Se Didone oggi fosse qui:


  1. Metterebbe la mascherina?
  • So a malapena cos’è una mascherina. Però, da quel poco che capisco, mi pare possa presto trasformarsi in uno strumento di tortura. Qui siamo in nord Africa, non vede? E fa molto caldo.  E oltretutto stiamo costruendo una nuova città. La chiameremo Qart- hadašt che nella nostra lingua significa Città nuova. Voi invece la conoscerete come Cartagine e col tempo imparerete a temerla.  Insomma stiamo lavorando, e molto, all’aria aperta. Quindi alla fine la farei indossare  solo in certe circostanze. D’altro canto ho guidato una parte del mio popolo in un viaggio per mare lungo e pericoloso, scappando da quel pazzo omicida di mio fratello che, dopo aver ucciso mio marito, si apprestava a fare lo stesso con me. Non metterei certo a repentaglio la vita di tutti per una sciocchezza simile. Forse quindi alla fine la utilizzeremmo. Certo, farei in modo che me ne venissero tessute alcune di fili preziosi. Sono pur sempre una regina e anche una bella donna a quanto si dice. 


  1. Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Starebbe a distanza dai propri simili? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
  • Davvero esiste qualcosa che possa seguire i tuoi spostamenti? Beh, mi sarebbe piaciuto averla a disposizione quando quel traditore di Enea ha tentato di andarsene senza neanche avvisare. Io la chiamo vigliaccheria, lui invece responsabilità verso gli dei e la sua gente. Mah, punto di vista! In ogni modo non mi piace che si sappia sempre dove sono e chi incontro e non vorrei lo stesso per il mio popolo. Ma la vita da regina mi ha insegnato che a volte il fine giustifica i mezzi. Se così facendo riuscissimo a sconfiggere quel piccolo nemico portatore di morte che voi chiamate virus beh... ci si potrebbe pensare.


  1. Si sarebbe sentita disorientata in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?
  • Disorientata? Io? Ci vuole ben altro, mi creda. Come accennavo prima, sono scappata dalla mia terra per salvarmi la vita. Ho guidato le mie navi in un viaggio lungo e pericoloso per approdare qui in Africa e fondare una nuova città. Ho combattuto, usando anche l’astuzia, per avere il diritto di stabilirmi qui. Quando tutto sembrava andare per il verso giusto, ho incontrato un uomo, Enea, che mi ha fatto perdere la testa con tutte le sue storie da fuggiasco da Troia. Era proprio un bell’uomo però e aveva anche un delizioso bambino, il piccolo Ascanio. All’inizio tutto sembrava perfetto. Lui diceva di amarmi e io già immaginavo un futuro insieme, qui a Cartagine. Poi lui è cambiato. Diceva che la sua missione era un’altra e che, a malincuore certo, mi avrebbe lasciata. Così, un bel giorno, ha caricato tutti i suoi compagni sulle maledette navi e se ne è andato, di nascosto. A quel punto non ci ho visto più. Ho maledetto lui  e tutti i suoi discendenti e, a quanto ne so, la mia maledizione è andata a buon fine. Noi Cartaginesi abbiamo dato del bel filo da torcere a quegli spocchiosi Romani. Annibale è un nome che le dice qualcosa? Quindi, tornando alla domanda se mi sento disorientata, le rispondo che ci vuole ben altro. Il futuro non spaventa chi ha affrontato tanto.

  1. Cosa definirebbe scuola?
  • La scuola è importante. Ai miei tempi non è che ci fosse proprio un obbligo, come mi dicono abbiate invece voi, ma il sapere era fondamentale. Come pensate che avremmo potuto costruire case e templi senza avere nozioni di geometria e matematica? O leggere quanto scrivevano gli antichi poeti - compreso quel bel elemento di Virgilio che mi ha descritto come una povera donnetta piangente,  se non avessimo avuto maestri che ci insegnassero a farlo? 

  1. E tu Elisabetta, cosa pensi di quello che sta succedendo? Quale pensiero ci regali oggi?
  • Non sono una regina e non ho avuto in sorte una vita avventurosa come quella della mia cara Didone, e di questo  ringrazio Dio. In questi tempi bui ci è stata data la possibilità di riflettere su quanto fragile e precaria sia la nostra vita . Parole come epidemia, contagio, quarantena ci hanno catapultato in un mondo lontano e oscuro, nel quale poco ci è mancato di sentire i monatti che bussavano alla nostra porta. C’è stato tutto il tempo dunque per riflettere su ciò che davamo  per scontato. C’è stato tutto il tempo e anche di più. Certe giornate si sono come dilatate, lasciando spazio a quello che pensavamo dimenticato. Sono convinta che i cambiamenti veri abbiano bisogno di sedimentare a lungo dentro di noi. Ora è troppo presto per valutare quanto e se siamo cambiati. Ora è tempo di fare, di ricominciare, di muoverci. Siamo fatti per questo.

lunedì 8 giugno 2020

Interviste con la storia: Cesare Novara e Thomas Hobbes


INTERVISTA CON LA STORIA 2


Il progetto è nato per sensibilizzare e raccontare il periodo di pandemia mondiale che stiamo vivendo.  Chiederemo aiuto a personaggi illustri del passato, a quelle donne e a quegli uomini che hanno fatto la storia.  Ascoltare la loro voce ci permetterà di riflettere e forse ci  aiuterà ad affrontare questo periodo con maggior consapevolezza e saggezza. Sarà la persona intervistata a scegliere il suo ‘mentore’ e a farci ascoltare la sua voce, dopo aver passato almeno una settimana insieme a lei/lui attraverso letture, visioni di video, ricerche. I mentori potranno avere pareri discordanti, addirittura opposti, non siamo qui per giudicarli ma per ascoltare la loro voce, per capire cosa ci direbbero se fossero qui, ora, con noi. Oggi abbiamo con noi Cesare Novara e il suo mentore Thomas Hobbes.




CESARE NOVARA 



Cesare Novara è nato a Piacenza all’inizio degli anni ’90, ama lo sport e la letteratura. Ha conseguito due lauree: la prima in Giornalismo e cultura editoriale, la seconda in Lettere, entrambe presso l’Università di Parma. Attualmente insegna alla scuola media di Alseno, nella provincia di Piacenza. È entrato in contatto con il suo mentore durante il corso di Storia del pensiero politico, tenuto dal professor Truffelli. Lo studio di questo rivoluzionario pensatore ha folgorato Cesare, tanto da rendere l’intellettuale inglese l’oggetto della sua prima tesi, dal titolo "Rileggere Hobbes nell'attualità: due convegni a distanza di venticinque anni". 




THOMAS HOBBES




Thomas Hobbes è stato un filosofo e matematico britannico vissuto a cavallo tra il ‘500 e il ‘600. Definito da alcuni un intellettuale misantropo, ha fatto dell’antropologia la base della sua teoria politica. Le sue opere principali, De cive e Leviatano, sono state bruciate dall’Università di Oxford nella seconda metà del ‘600. È tornato in auge all’inizio del ‘900, grazie alla sua visione totalitaria del potere e alla sua descrizione della natura umana come competitiva ed egoista (Bellum omnium contra omnes - “ la guerra di tutti contro tutti) ed è diventato il cardine di qualsiasi programma di studi di Storia del pensiero politico.




Se Thomas Hobbes oggi fosse qui:

  1. Metterebbe la mascherina?
  • Non so bene cosa sia una mascherina, ai miei tempi gli unici che indossavano maschere erano i medici della peste. Ricordo quello strano becco con all’interno paglia e fieno che avevano la funzione di filtraggio. Qualsiasi strumento per proteggere se stessi e gli altri non può che essere ben accetto. La mia intera filosofia politica si fonda proprio su questo, pertanto affermo serenamente che la indosserei senza problemi. Va considerato inoltre che una legge impone il suo utilizzo. Essendo io uno dei principali teorici dell’assolutismo, ho sempre eseguito tutti gli ordini imposti dal sovrano. Ovviamente, la conditio sine qua non, dev’essere la tutela degli individui.


  1. Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Starebbe a distanza dai propri simili? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
  • Certamente sì, tutti noi abbiamo sempre barattato la nostra libertà per avere sicurezza, mi stupisco che ve ne rendiate conto solo nel 2020.  Lasci che le spieghi una cosa…. La gente parla dell’essere umano senza conoscerlo. Io l’ho studiato a fondo. Nello stato di natura, dove non ci sono regole, l’uomo è totalmente libero di fare e subire qualsiasi cosa; è lupo degli altri uomini. Impaurito per questa situazione di perenne pericolo, decide di unirsi ai suoi simili, non per istinto naturale, come affermava l’ingenuo Aristotele, bensì per interesse! Siglando un patto accetta di cedere la sua libertà al potere politico in cambio della tutela della vita. È un do ut des. Per ottenere qualcosa è necessario sempre cedere qualcos’altro, e noi tutti lo facciamo inconsciamente da secoli. Se le mie opere fossero lette nelle scuole i ragazzi scoprirebbero che da quando esiste un potere politico l’uomo ha perso la sua libertà. Voi non siete liberi! Potete drogarvi? Bere alcolici alla guida di un veicolo? Non pagare le tasse? Circolare nudi? La risposta è no, e il motivo è semplice: danneggereste voi stessi e gli altri. Non vedo onestamente la differenza rispetto alle misure anti-Covid. La vostra e la mia libertà risiedono nel rispetto della legge.


  1. Si sarebbe sentito disorientato in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?
  • Disorientato? Assolutamente no. Sono nato prematuramente perché mia madre era terrorizzata dall’arrivo dell’Invincibile armata spagnola. Ho vissuto nel corso della guerra civile inglese. Nel pieno della mia maturità fisica e intellettuale la peste uccideva milioni di persone in tutta Europa. Sinceramente questo Covid non mi spaventerebbe. L’uomo ha affrontato stragi e catastrofi di gran lunga superiori. Seguite gli ordini di chi sta al potere e vedrete che ne uscirete prima del previsto. Diversamente, se ognuno agirà di testa sua di creerà il caos, l’elemento fondamentale che ha portato alla caduta di ogni società.


  1. Cosa definirebbe scuola? Accetterebbe la didattica a distanza? Cosa penserebbe dello smart working? 
  • Mi limito alla prima domanda, poiché le altre due sono troppo futuristiche per un uomo che è vissuto un secolo prima della Rivoluzione industriale. In merito alla definizione di scuola, inizierei a pensare all’istruzione e all’educazione come qualcosa di non necessariamente legato a banchi, cattedre e lavagne. È risaputo che mi sono diplomato all’Università di Oxford e che ho conseguito il baccalaureato delle arti, tuttavia ho appreso molto di più grazie ai miei viaggi in tutta Europa, dove sono entrato in contatto con i più grandi geni della mia epoca; uno su tutti Galileo Galilei. Mi ha trasmesso l’approccio scientifico alla realtà, il fondamento di tutte le mie teorie politiche. Smettetela di pensare che l’istruzione sia solo scuola. L’uomo deve imparare da tutto quello che lo circonda; ovviamente anche dai libri, che si possono e si devono leggere a prescindere dalla scuola. Proprio per questo sono stato il primo traduttore in lingua inglese della Guerra del Peloponneso di Tucidide e dell’Iliade e l’Odissea di Omero. Queste opere mi hanno aperto gli occhi sulle cause che hanno portato al crollo delle grandi civiltà del passato.


  1. E tu Cesare, cosa pensi di quello che sta succedendo? Quale pensiero ci regali oggi?
  • Premetto che non sono d’accordo con molte teorie espresse da Hobbes ma sono affascinato da questo grande pensatore, poiché, studiandolo a fondo, ti costringe a riflettere su tutti gli aspetti che regolano lo Stato. Tornando alla domanda, sinceramente penso che governare in questa situazione straordinaria non sia facile e non invidio chi deve prendere decisioni in questo momento. Da professore di Lettere mi limito al mio ramo di competenza e mi sento di poter affermare che si poteva studiare meglio la storia (le grandi epidemie del passato, gli errori commessi e le soluzioni efficaci) per essere più preparati oggi. Lo dicevano già i latini, ma ahinoi tendiamo spesso a dimenticarlo; Historia magistra vitae.