mercoledì 15 luglio 2020

Intervista con la storia: Xena Zupanic e Carmelo Bene


INTERVISTA CON LA STORIA 7

Il progetto è nato per sensibilizzare e raccontare il periodo di pandemia mondiale che stiamo vivendo.  Chiederemo aiuto a personaggi illustri del passato, a quelle donne e a quegli uomini che hanno fatto la storia.  Ascoltare la loro voce ci permetterà di riflettere e forse ci  aiuterà ad affrontare questo periodo con maggior consapevolezza e saggezza. Sarà la persona intervistata a scegliere il suo ‘mentore’ e a farci ascoltare la sua voce, dopo aver passato almeno una settimana insieme a lei/lui attraverso letture, visioni di video, ricerche. I mentori potranno avere pareri discordanti, addirittura opposti, non siamo qui per giudicarli ma per ascoltare la loro voce, per capire cosa ci direbbero se fossero qui, ora, con noi. Oggi abbiamo con noi Xena Zupanic e il suo mentore Carmelo Bene.


Sul Monte Carmelo incontrai il mio Bene. Mi arrampicai di nascosto, sotto il manto della notte. La Luna traditrice fu assente, la sua lucentezza argentea estinta.
Ma il mio volto ardeva e l’intero monte splendeva.
“È il sole di mezzanotte”, pensai.
Bene, bene, è il mio Kairos, il mio luogo per sempre.



XENA ZUPANIC


Xena Zupanic è nata in Croazia; attrice, conduttrice, interprete e modella, Xena si è laureata in Filosofia e Storia dell’Arte all’Università di Zara e diplomata all’Accademia d’arte drammatica di Zagabria. Ha frequentato la scuola superiore di cinema e televisione di Zagabria e la scuola di recitazione “Quelli di Grock” di Milano. Ha avuto la fortuna di conoscere e lavorare con Carmelo Bene. Come lei stessa dice: “Il tremendo Carmelo vedeva l’incarnazione della Beatrice dantesca in me. Beatrice non era una slavata, dolciastra, preraffaelitica ombra femminile, ma valchiria germanica, guida potente dei mondi oltremondani”. Musa di molti artisti, Xena vede nel teatro qualcosa di simile al rituale, vedendo un suo spettacolo si cade in un sogno, che da qualcuno potrebbe essere anche definito un incubo. Molti la conoscono per la sua partecipazione al programma Markette di Chiambretti. Ha recentemente realizzato un’importante opera di videoarte al museo Madre di Napoli dal titolo Mystica. Sofisticata, eccentrica e profondissima, Xena ha una figlia Persefone, fotografa, due nipoti (gemelli) ed uno degli esseri umani più belli che io conosca (sia dentro che fuori).



CARMELO BENE


Carmelo Bene è considerato uno dei più grandi artisti del teatro del '900. Completo, poliedrico e contro corrente: capace di scatenare reazioni contrastanti, sia in platea, che nelle file della critica. Fu una personalità ribelle: compì studi classici dai Gesuiti di Mondragone, che lo cacciarono per indisciplina, poi studiò giurisprudenza e frequentò i corsi dell'Accademia nazionale d'Arte drammatica, che però lasciò dopo un anno solo, denunciandone l'inutilità. 
Il debutto a teatro avvenne nel 1959 con "Caligola". Successivamente vennero le produzioni nel doppio ruolo di attore e regista -"Majakovskij", "Edoardo II" di Marlowe, "Amleto", "Pinocchio" - poi gli spettacoli-cabaret estremi. È datata 1967 la sua prima volta accanto a Pier Paolo Pasolini (l'opera era "L'Edipo re"), mentre nello stesso anno Bene iniziò la sua esperienza di regista cinematografico. Nel 1968 vinse il Leone d'Argento al Festival di Venezia con "Nostra Signora dei Turchi”. Ermetico, profondo, ambiguo non è certamente una delle persone più facili da ‘intervistare’, con la sua dialettica provocatoria, arguta e irriverente ci mette a disagio ma per aiutarci a scavare nella nostra anima e per insegnarci a guadare oltre.




Se Carmelo Bene oggi fosse qui:


  1. Metterebbe la mascherina? Se sì, la metterebbe per proteggere sé stesso o per proteggere gli altri?
  • Ci risiamo! “Le mascherine”, “la protezione”, “gli altri”! Senza mai annusare, toccare veramente l’Altro!  Proteggersi da chi, da che cosa, da sé stessi o da questo nuovo dio-virus incolore, bramoso di ni-ente, senza odore, senza una legittimazione metafisica? Questa è una brutta mascherata, con i sapienti illuminati che favellano in maschera con il venditore supremo delle mascherine, il contabile insonne con la faccia di Elon Musk (the countdown’s dealer behind the metaphysical desk). Un dio eccelso, un finocchione stratificato, un imbroglione etilico vestito di rosa, un dio d-day, con le scadenze settimanali. In poche parole: do ut des, pro domo sua et in medias res. Che Dio mi scampi! 


  1. Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Starebbe a distanza dai propri simili? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
  • Well, these Orwellian questions from 80’s are by now outmoded.  Nel baratro farei un umile baratto tra questi concetti altissimi, oramai cenciosi, spolpati dalla loro soma reale, i concetti che vanno a nozze con i somari contemporanei. Di nuovo casca l’asino, il santo non vola, le App appollaiate le hanno sostituite con una sinusoide, irreale, quasi trascendentale. La libertà, proprio lei, la nobile dama, la baratterei per una app, impennata come un albero cosmico, verso la volta celeste. Lo scavalcherei, senza voltarmi, mentre i cortigiani della libertà, oh, incessantemente vanno implorando: scendi, scendi, la libertà è di tutti. Poveri scorregioni, il Dioniso priapico, non necessita di liberare il vostro altare vuoto. 


  1. Si sarebbe sentito disorientato in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?
  • Piuttosto mi sentirei “Bis-orientato”, due volte di più centrato. La speranza la lascerei ai cristiani ed il futuro ai futuristi, perlopiù ai capitalisti convinti, ai capitalisti d’un immortale F.T.M (Fiat Torino Macina).  Cosa direbbe? Ebbe! Cosa farebbe? Ebbe! Ebbe, ebbe, bis-orientato, scisso in me, come il dio Giano, come l’“Epitaffio per Francois” di Paul Celan:  “L’una e l’altra porta / del mondo, aperte: / aperta l’una e l’altra / da te, nella notte bifronte / Le udiamo sbattere e sbattere, / noi portiamo l’indefinito, / portiamo quel Verde nel tuo Eterno”.


  1. Cosa definirebbe scuola? Accetterebbe la didattica a distanza? E lo smart-working?
  • La scuola e lo smart working: il taylorismo digitale. Gli scolari e gli impiegati bue che servono il principio “One Best Way” (l’unico miglior metodo possibile). Sono dei pappagalli ordinari che sognano i mondi esotici, sono dei soggetti mai visitati, i ragionieri del Kronos malleabile. Mai come adesso la scuola ha bisogno di un sottosuolo, di una discesa nell’Ade. Per pochi capiterà Kairos (l’occasione della loro vita), in tanti, ahimè, cos’è Aion non lo sapranno mai. La discesa nell’Ade, palmo per palmo, dito per dito. Un palmare digitale? Un palmare digitale difettoso. Volano gli asini (digitali), senza i santi e il sud del sud trasuda le gocce sanguinanti virtuali, a scuola addomesticate. Inutile è venire, inutile è dire: “son venuto perché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono non vedano più”.



  1. E tu Xena, cosa pensi di quello che sta succedendo? Quale pensiero ci regali oggi?
  • Mi chiedo come possiamo portare una pura, distillata e invisibile insidia, questo metafisico convitato di pietra, dalla condizione gassosa, incolore e senza odore in una visibile, solidificata icona, che ci guarda severamente lungo il perimetro dei nostri spostamenti. Questa è la sfida, il nostro compito invano: trovare il polso dell’invisibile, tramutando il suo suono in una immagine.  




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