domenica 28 giugno 2020

Intervista con la storia: Katia Cestaro e Paulo Freire

INTERVISTA CON LA STORIA 5

Il progetto è nato per sensibilizzare e raccontare il periodo di pandemia mondiale che stiamo vivendo.  Chiederemo aiuto a personaggi illustri del passato, a quelle donne e a quegli uomini che hanno fatto la storia.  Ascoltare la loro voce ci permetterà di riflettere e forse ci  aiuterà ad affrontare questo periodo con maggior consapevolezza e saggezza. Sarà la persona intervistata a scegliere il suo ‘mentore’ e a farci ascoltare la sua voce, dopo aver passato almeno una settimana insieme a lei/lui attraverso letture, visioni di video, ricerche. I mentori potranno avere pareri discordanti, addirittura opposti, non siamo qui per giudicarli ma per ascoltare la loro voce, per capire cosa ci direbbero se fossero qui, ora, con noi. Oggi abbiamo con noi Katia Cestaro e il suo mentore Paulo Freire.



KATIA CESTARO  


Katia Cestaro nasce ad Abbiategrasso, a metà degli anni ‘80. Ama viaggiare, ma non da “turista”: si avventura con lo zaino in spalla, lasciandosi immergere dalla natura e facendosi trasportare dai cinque sensi alla ricerca di usi e costumi di altri Paesi e culture. È dinamica e intraprendente, caratteristiche che, dopo anni di lavoro, l’hanno portata a rimettersi in gioco e ad approfondire i suoi studi in Scienze dell’Educazione riuscendo a fare della sua passione una professione. Abbiamo avuto il piacere reciproco di incontrarci al corso serale dell’istituto Kandinsky. Katia è l’esempio vivente che impegno, serietà e motivazione sono la chiave vincente per raggiungere qualsiasi risultato. Nel viaggio introspettivo intrapreso negli ultimi anni, ha incontrato la pedagogia di Paulo Freire che l’ha illuminata e ispirata nel suo lavoro di educatrice.



PAULO FREIRE 


Paulo Freire nasce nel 1921 in Brasile. Nel 1944 si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza e si sposa con Elza Maria Oliveira e sarà proprio grazie a lei che inizierà il suo impegno nell’ambito dell’educazione. Nel 1947 si ritrova a insegnare portoghese ai lavoratori del SESI (Servizio Educativo del Sistema Industriale), esperienza che lo porta a ricercare un metodo adatto all’alfabetizzazione degli adulti. Nel 1961 viene nominato direttore del dipartimento per l'espansione culturale dell'Università di Recife e l’anno seguente ha l’opportunità di applicare estesamente le sue teorie: trecento lavoratori di canna da zucchero imparano a leggere e a scrivere in un mese e mezzo. In risposta a questo esperimento, il governo brasiliano approva la creazione di migliaia di circoli culturali nel Paese. Nel 1964, in seguito a un colpo di Stato, Paulo viene arrestato con l’accusa di tradimento e l’imprigionato per settanta giorni. Dopo il suo rilascio inizia un lungo e difficile esilio che durerà fino al 1980 tra Bolivia, Cile, Stati Uniti e Svizzera. Al suo ritorno in Brasile, diventa professore ordinario a UNICAMP di São Paulo. Nel 1986 gli viene assegnato il premio Educazione dell’Unesco. Dopo aver fondato il Partito dei Lavoratori (PT), aver girato il mondo e avere ottenuto l’incarico di assessore della pubblica istruzione, crea un istituto che porta il suo nome per estendere le sue teorie all’educazione dei più deboli. La sua opera più famosa è “La pedagogia degli oppressi”.


Se Paulo Freire oggi fosse qui:



  1. Metterebbe la mascherina? Se sì, la metterebbe per proteggere sé stesso o per proteggere gli altri?
  • Certamente metterei la mascherina. È di fronte alla scelta che s’impone la responsabilità etica degli uomini e delle donne. Siamo esseri umani e, in quanto tali, incompleti e incompiuti. Ed è proprio l’incompiutezza a renderci etici. L’impegno a trasformare il mondo che ci circonda si può realizzare grazie ad azioni etiche. Il nostro futuro non è determinato, ma è qualcosa in divenire ed è una responsabilità dalla quale non possiamo sfuggire. Attraverso un processo di coscientizzazione, possiamo costruire un nuovo modo di entrare in relazione col mondo e con l’altro. Mettere la mascherina è un diritto e un dovere dell’essere umano che vive questo periodo storico come lo è esigere le condizioni per esercitare i propri diritti; per queste ragioni le mascherine dovrebbero essere accessibili a tutti senza discriminazione alcuna.


  1. Scaricherebbe l’app Immuni? Accetterebbe un controllo sugli spostamenti degli individui? Starebbe a distanza dai propri simili? Baratterebbe la sua libertà per una forma di sicurezza?
  • Sì, scaricherei l’app Immuni. Sarebbe pericoloso demonizzare la tecnologia, altresì divinizzarla. Però non accetterei alcuna forma di controllo perché il controllo richiama alla dicotomia oppressi e oppressori che affligge il mondo e porta alla disumanizzazione, una realtà storica. L’essere umano, come essere etico, deve poter esercitare la libertà nell’assumere decisioni, riconoscendo anche la necessità del proprio limite. L’autonomia si fonda sulla responsabilità. Pensare in modo corretto deve far corrispondere azioni corrette: la coerenza è una virtù da praticare. Sì, manterrei anche le distanze: è necessario ricostruire la propria autonomia nel rispetto degli altri, ma senza mai rinunciare al dialogo, quel fenomeno umano indispensabile a generare l’incontro di uomini e donne nella lotta all’emancipazione. Spesso vediamo in contrasto libertà e autorità, ma sono principi che devono coesistere l’uno nel rispetto dell’altro con autenticità, senza confonderli con permissività e autoritarismo. 


  1. Si sarebbe sentito disorientato in questo momento? In cosa avrebbe sperato per il futuro? Cosa ci direbbe? Cosa farebbe?
  • È importante esercitare ed educare il buon senso, alimentato dalla curiosità epistemologica è ciò che mi permette di affrontare e superare la situazione in cui siamo coinvolti. Dobbiamo vivere il presente e la storia stessa come un tempo di possibilità in cui non vi è nulla di determinato. L’essere umano non può giustificare gli avvenimenti che stanno accadendo con il fatalismo il quale porta ad un immobilismo negativo. L’essere umano è in divenire. Il mondo è in divenire e il domani è una sfida. La paura è legittima, è provando paura che possiamo imparare a superarla. Un ingrediente naturale è la speranza che alimenta la motivazione a lottare per “essere di più” e apre le porte al sogno affinché si realizzi. Ciò che spero è che questo tempo storico implichi una rottura da cui ricostruire il cammino etico verso l’umanizzazione. È fondamentale problematizzare il futuro, guardare ad esso in modo critico e, come l’educando in relazione con l’educatore, imparare grazie alla nostra stessa pratica. Cosa farei? Continuerei ad amare la vita, il mondo e gli altri.


  1. Cosa definirebbe scuola? Accetterebbe la didattica a distanza?
  • Scuola è laddove s’instaurano relazioni, si attua il dialogo, il confronto e l’apprendimento basato sullo scambio reciproco e rispettoso tra insegnante ed educando. L’insegnante è un formatore che crea le possibilità per un apprendimento autentico, suscitando quella curiosità che da ingenua può diventare epistemologica, in una ricerca partecipata. Non vi sono discriminazioni di nessun tipo a scuola, poiché l’insegnante è colui che valorizza l’esperienza degli educandi e mette in atto il pensiero corretto con umiltà e rigore etico. L’educando non è un contenitore in cui trasferire conoscenza, bensì un essere sociale e storico, una presenza nel mondo. Sono stato assessore della pubblica istruzione del comune di São Paulo e durante il mio mandato ho fornito ad ognuna delle scuole comunali il computer. Tuttavia, la costruzione dell’identità degli educandi non si può realizzare nell’isolamento. Cambiare è difficile, ma non impossibile ed è attraverso l’impegno di tutti noi che possiamo trasformare la scuola con creatività. Ciò che non deve cambiare è la relazione dialogica, elemento essenziale della relazione, dell’amore e della libertà.


5. E tu Katia, cosa pensi di quello che sta succedendo? Quale pensiero ci regali oggi?
  • Penso che questa situazione ci abbia messo alla prova come esseri individuali e parte di una collettività. Questa sfida non è ancora giunta al termine, ma stiamo provando a mettere in atto una pseudo-normalità di cui tutti abbiamo bisogno. Come direbbe il mio adorato mentore Freire: l’essere umano non è nato per vivere in isolamento ed è per questo che dobbiamo lottare per la nostra libertà! Ciò implica nuove prassi, modalità, metodologie nel rispetto delle regole, ma ce la faremo. Ecco, se pensiamo a tutti gli ostacoli che l’essere umano ha superato nel corso della storia non possiamo che essere fiduciosi nel futuro che verrà.

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